L’ARTE DELLA POLITICA NEL MEZZO DI UNA TEMPESTA GLOBALE PERFETTA TRA STATISTI E ATTORI DA OPERETTA
LE MODIFICHE ALLA COSTITUZIONE DEVONO AVERE UN APPROCCIO SOCIO-CULTURALE
di Paola Bergamo
Quest’oggi è uscito sul Nuovo Giornale Nazionale a firma di Paolo Falconio un articolo ben argomentato dal titolo “Le sottili linee rosse della politica e della geopolitica”.
Sempre oggi, sulle pagine del Corriere della Sera, è stata pubblicata una lettera firmata da alcuni politici di lungo corso dal titolo “Perché l’ipotesi premeriato non funziona”.
Si adattano perfettamente le parole di Pasolini che anche Falconio, avvedutamente e provocatoriamente riporta nell’inquadrare “loStatodellecose”: “ Io sono il nato morto, vi guardo con orrore e di notte vago per queste antiche vestigia in cerca dei miei compagni che ormai non sono più” .
Ciò mi presta il “la” per una riflessione.
Le radici dell’arte della politica sono molto più profonde di quello che pensiamo. Scomodando Aristotele “l’Uomo per sua natura è un animale politico” , allora il buon cittadino è quello che, non rassegnato, cessa di farsi ingannare e entra in gioco pretendendo di essere protagonista, esercitando a pieno le proprie prerogative anche per spegnere il populismo demagogico e diffidare del nazionalismo estremo, eccessivo e antistorico puntando invece alla propria Nazione per una ritrovata consapevolezza di sé.
Premesso che se la Costituzione necessita di un ammodernamento, questo abbisogna di un approccio che non sia solo giuridico-costituzionale ma primariamente legato ad una profonda analisi socio-culturale di ciò che siamo, è fondamentale tenere presente, tra Storia e Memoria, anche una qual certa propensione a causa del Dna che ci portiamo dentro. La Dittatura da noi, non fu cosa di poco conto, non fu un lasso di tempo breve e portò tutti nel baratro.
Allora la questione non può essere liquidata come un gioco delle parti nel nome di un esercizio di rapporti di forza intra-maggioranza pure litigiosa e tra maggioranza e le stesse minoranze, perché la questione riguarda tutti, anche quelli che al voto non sono andati. Se l’esito delle urne del 2022 è inequivocabile è pure inequivocabile che l’enorme astensionismo che lo accompagnò non può essere ignorato dagli uni e dagli altri. Le riforme che ci si appresta a proporre inciderebbero modificando completamente la Costituzione e l’assetto delle Repubblica che fu un grande sforzo di riconciliazione nazionale ed equilibrio istituzionale.
E’ quindi un imperativo categorico della Repubblica e dei Cittadini che saranno chiamati al Referendum, se la riforma avrà realmente corso, approvarla o rigettarla non tanto sull’onda delle tifoserie che un certo tipo di politica urlata stimola, ma più come garanti finali che essa non rechi in sé il germe mai del tutto sopito di una possibile deriva antidemocratica. In fatti uno dei paradossi delle Democrazia è che in Dittatura ci si può arrivare per via democratica.
Da evitare a mio giudizio una riforma che poggia su una visione partitica personalistica. L’elezione diretta del Premier addirittura accompagnata da un premio di maggioranza, porterebbe a compimento l’esautorazione definitiva del Parlamento. Meglio allora l’ipotesi di cancelleria alla tedesca. E se invece fosse proposta la transizione da una Repubblica Parlamentare verso una Presidenziale o semi- presidenziale, resta necessaria l’introduzione di quel sistema di pesi e contrappesi che impediscano ogni scivolamento verso forme di regime autoritario.
La rassegna delle cose che proprio non vanno e che incidono sul fatto nazionale, europeo e mondiale, se denota che impera il caos rivela che nel caos viene spesso la tentazione di affidarsi alla persona che appare forte ma non è sempre detto che lo sia davvero.
La tentazione poggia sullo smarrimento più che sul desiderio e del resto siamo nel mezzo di una tempesta perfetta. Ciò non induca alla rassegnazione il buon cittadino tanto più che di Cincinnato non ce n’è all’orizzonte e chi appare “potente” non è scontato che sia anche un “grande” ed è quindi essenziale la way out del ricambio che è il sale della democrazia.
In questa chiave diviene foriero di speranza pure il “rombo dei trattori” che si sono mossi trasversalmente in Europa, ciascuno con un problema e una rivendicazione ma sintonici nel sentirsi inascoltati nelle aspettative e abbandonati ai loro grandi problemi che sono pure problemi nostri. La protesta attiene “all’ordine della terra” e non va sottovalutata perché è quella da cui traiamo sussistenza. La terra, la sua coltivazione, è diventata terreno di scontro ideologico dove speculazione e finanza tendono a avviluppare e inghiottire ogni cosa a discapito spesso della qualità e anche dell’essenzialità dell’esistere degli uni e degli altri quando i molti finiscono in balìa dei pochi in cui si concentra vertiginosamente tutta la ricchezza del globo.
E’ un segno quindi da non sottovalutare che la protesta susciti la solidarietà di chi contadino non è, di chi di agricoltura e allevamento poco capisce, ma coglie, in quella protesta, un seme anche del proprio malessere. Un baccello da innaffiare, far germogliare e sostenere tra necessità di cambiamento e nel contempo di conservazione. Tra una causa ed un effetto la discriminate è la condizione maturante.
Quello che spaventa non induca a girarsi dall’altra parte ma sia di stimolo per un maggior impegno dei cittadini a essere i veri protagonisti nella prossima chiamata alle urne d’Europa. E’ la “Necessità” per cui, ognuno di noi, affronti con consapevolezza i segni del nostro tempo affinché esso si declini secondo “Giustizia”.
Necessità e Giustizia sono motori essenziali di ogni cambiamento che possa essere risposta adeguata alle sfide del nostro tempo.
Non tutti gli attori che operano a livello mondiale appaiono gradi statisti. Talora appaiono più personaggi da operetta, manichini addestrati e imprestati a una recita grottesca quando non macabra che accompagna i nostri giorni. Eppure la politica sarebbe un’arte alta e raffinata mentre oggi appare uno show, un escamotage distrattivo.
I nostri giorni, se mal spesi, sono tempo consumato. L’occasione, se perduta, quando è andata, è andata! Però la Storia dell’Uomo è governata dal “Continuum” spesso beffardo. Ed è così che, se ci troviamo proiettati verso un futuro in cui sempre più spazio avrà l’Intelligenza Artificiale, questa porterà con sè l’apertura a un mondo di grandi possibilità , non scevro di talune inquietudini e perplessità. Questo cambio di paradigma porterà nuove sfide che si sommano all’incognita dei molti nodi irrisolti del passato.
La chiave di svolta per quello che riguarda noi alle prese con il più subdolo e irrefrenabile sconquasso mondiale è ripartire da un consolidamento dei fondamentali nazionali e non solo economici ma di popolo inteso proprio come nucleo di cittadini. Parlo della consapevolezza di essere ciascuno di noi, come persona, un essenziale pezzo di un ingranaggio più grande, quello della Nazione e come Nazione, quello di essere prezioso elemento di un meccanismo da perfezionare, l’Europa che, se appare spesso incepparsi, deve ripartire con altri e nuovi orizzonti. L’individualismo radicale che si accompagna all’ atomizzazione della società è uno dei gravi mali che ci affligge.
L’Europa, per quel che ci riguarda, ha nella Mediterraneità la sua bussola di orientamento sulla via della costruzione di una Europa Federale . Solo in quest’ottica ha senso invocare una Politica Estera Comune e una Difesa Comune Europea. E’ chiaro che l’esser tutti noi “figli” del Trattato di Lisbona, non ha giovato alla “causa” e allo “Spirito Europeista” che in noi Repubblicani se è bussola è pure agognato approdo.