DALLA PROPAGANDA ALL’ABISSO IL PASSO SPESSO E’ TRAGICAMENTE BREVE

Pubblichiamo con grande piacere una bellissima recensione dell’amica Paola Bergamo al libro del criminologo Antonio Leggiero, dal titolo ” Il profilo criminologico dei gerarchi nazisti”, edito da Ugo Mursia.

Sembra una storia ormai lontana ma è sempre necessario approfondirla, perchè come spesso ripetiamo senza la conoscenza del passato non ci potrà essere un futuro.

IL PROFILO CRIMINOLOGICO DEI GERARCHI NAZISTI

 di Paola Bergamo

Le parole, il loro uso sapiente, o in certi casi incosciente, pesano come macigni nel bene e nel male della storia dell’Umanità.

Da pochi giorni, edito da Mursia, è presente nelle librerie, ma reperibile anche on line, un libro particolarmente interessante e suggestivo del criminologo italiano Antonio Leggiero dal titolo  Il profilo criminologico dei gerarchi nazisti”.
L’autore offre del Nazismo una lettura in chiave criminologica cercando di rispondere al quesito lacerante che ancora oggi angoscia e non trova risposta: “quale malvagia e nera potenza degli abissi concertò l’indubbia e anomala circostanza della contemporaneità” per cui un movimento politico sia stato in grado di diventare campionatura dei peggiori orrori e crimini contro l’umanità.

E’ un libro molto scorrevole, ben costruito e che si fa leggere tutto d’un fiato. Pagina dopo pagina ci proietta in un vortice di terribili emozioni e profonde riflessioni. Si tratta di una indagine difficile e tormentosa che ha senso leggere anche per non dimenticare eventi non poi così lontani, impedendo l’oblio, complice una contemporaneità complessa.
La nostra Storia, dominata dal “Continuum”, non di rado ci ripropone, anche sotto mentite spoglie, crisi economiche politiche sociali già attraversate a cui possiamo e dobbiamo trovare risposta senza precipitare in quella lunga e orribile notte dell’uomo, rammentando che il Nazismo trovò un suo terreno fertile, che i  protagonisti furono il peggior esempio del male e di una  follia collettiva e che  le vittime furono annientate con una spietatezza come se  non fossero ritenuti esseri umani.

Lo scopo del libro è quello di capire chi fossero davvero coloro che hanno potuto pensare, ipotizzare, propagandare, perpetrare, con lucidità, determinazione  e ferocia lo sterminio di milioni di altri esseri umani poiché  ebrei, ma non disdegnando di deportare zingari, omosessuali o perseguitati politici,  organizzando la più spietata macchina di concentrazione, soppressione e morte.

Sorprende non poco che alcuni di quelli che di fatto furono considerati eroi della prima guerra mondiale, si rivelarono poi sanguinari criminali nella seconda, perseguitando e uccidendo, nel nome dell’odio razziale, quelli che a loro volta erano stati eroi e si erano distinti combattendo fianco a fianco nella stessa guerra. Personalità disturbate, afflitte da forme di paranoia, ossessioni maniacali il cui comune denominatore fu l’asservimento totale, in una sorta di consacrazione mistica a Hitler.
Furono accomunati da una visione della realtà distorta, scellerata e criminale. I gerarchi seguivano culti pagani,  esoterismo, magia, scienze occulte e trovarono nella svastica indoeuropea, la croce uncinata, archetipo e simbolo aggregativo e aggressivo, un vincolo anche ipnotico che permise loro di  mettere in moto una macchina di propaganda politica identitaria e una religione del male.
Il consenso che ne discese fu un’esaltazione di massa per una ideologia che, sull’onda del pregiudizio e della discriminazione, si affermò e decretò la volontà condivisa di sopprimere  chi ritenuto diverso e/o inutile.

L’analisi tecnica di Antonio Leggiero, approfondita quanto minuziosa, sulle personalità criminali di Hesse, Goering, Himmler, Goebbels, Bormann, Speer, Heydrich, Rosenberg, Frank, Streicher, permette di cogliere non solo il loro profilo socio-psico-criminologico ma di capire come ognuno riuscì a essere artefice e complice di una complessa e purtroppo efficace macchina propagandistica. In un momento storico di grande smarrimento, legato anche alla crisi economica politica e sociale della Germania, queste persone riuscirono a dar vita ad una operazione psicologica di istigazione all’odio.

Il libro è dedicato ai milioni di morti, causati da quella terribile genia malefica, con l’intento non solo di una rigorosa analisi tecnico criminologica, anche avvalendosi dei documenti del Processo di Norimberga, ma di promuovere la Memoria Storica affinché non si dimentichi che l’estremismo e l’aberrazione possono condurre al baratro l’umanità.

Lo scopo del libro è perciò quello di proporre degli identikit psico-criminologici su ciascun gerarca con l’obiettivo finale di cercare, se possibile, una risposta del “perché” e del “come” fu possibile che nello stesso tempo e nello stesso spazio tanti criminali si siano tutti trovati ad agire simultaneamente. Furono acclamati e persino invidiati.  Facevano parte della potente “corte” di Adolf Hitler. In soli dodici anni, perché questa fu la durata del loro potere, riuscirono a ideare, sostenere, propagandare l’ideologia dell’odio e della morte dando vita ad una “allucinazione collettiva” e creando una purtroppo efficientissima macchina di sterminio.

La criminologia è una scienza che ha come oggetto lo studio dei reati e dei loro autori oltre che delle vittime. Come scopo ha di interpretare e comprendere gli accadimenti e immaginare le migliori forme di prevenzione e controllo del crimine per evitare il suo reiterarsi. La criminologia, a volerla dire tutta, è un’“arte” che richiede conoscenze giuridiche, psicologiche, sociologiche e storiche.

Nel libro di Antonio Leggiero, il Nazismo è presentato sotto una lente speciale, l’analisi criminologica.  Dei gerarchi nazisti diviene perciò fondamentale delineare il loro personale profilo psicologico e contestualizzare. Così apprendiamo che molti di loro erano accomunati da una mediocrità sconcertante, affetti da disturbi della personalità, complessi di inferiorità, pregni di forti accenti narcisistici originatesi da disagi e /o traumi dell’infanzia/adolescenza, il più delle volte frutto di rapporti problematici e distorti con una o entrambe le figure genitoriali, e, vedremo, a loro volta essi stessi facili prede di tesi estreme. Erano attratti da personaggi stravaganti, chiaroveggenti, indovini in un mix di ignoranza e pregiudizio oscurantista che crebbe il loro potenziale criminogeno, nutrirono la loro indole crudele e malvagia. Propizio fu pure il contesto sociale ed economico in cui si trovarono ad operare che agevolò la capacità di permeazione della loro propaganda di morte.
Si fecero forza di un messaggio proposto all’opinione pubblica come liberatorio e “messianico” in cui la figura del Fuhrer, elevata a  “dio incarnato”, era il tramite per la salvezza del popolo germanico mentre gli ebrei erano stati indicati come la causa di tutti i mali della Germania, una stirpe  “a sé” da estirpare.
E se il popolo tedesco era in ginocchio per le insostenibili condizioni scaturite dagli accordi di Versailles che chiusero la prima guerra mondiale, a sua volta fu facilmente irretito dalla  propaganda nazista che prometteva la rinascita e rivalsa del popolo tedesco e predicava l’antisemitismo.
Come adepti i gerarchi si strinsero nel Walhalla del Nazionalsocialismo al cui vertice imperava un uomo fornito di una delle menti più diaboliche, manipolatrici che la storia dell’uomo abbia mai generato.
Antonio Leggiero, pagina per pagina, dipinge questi feroci criminali che, nel nome di una presunta superiorità di razza, quella ariana, scrissero i peggiori capitoli della storia dell’uomo, fino a decretare la necessità di una “soluzione finale” per preservare e difendere la “razza propria” e impedirne la “contaminazione” .
Ecco uno stralcio del pensiero di Hermann Goering, ex maresciallo del Reich e vice-Fuehrer espresso ad un detenuto nel marzo del 1946: “ Anche se non ci facciamo scrupoli a sterminare una razza, il senso comune ci dice che nella nostra civiltà sarebbe un gesto barbarico [….] Non sono certo un moralista, anche se ho un mio codice cavalleresco. Se uccidere gli ebrei significava vincere la guerra non avrei avuto esitazione […]Non credo nella Bibbia o in molte delle cose in cui credono le persone di fede. Ma rispetto le donne e penso sia poco sportivo uccidere i bambini. E’ questa la cosa che mi disturba di più nello sterminio degli Ebrei. Per quanto mi riguarda, non mi sento responsabile degli omicidi di massa […]Ero impegnato in altro [….]
Il mito della  razza!
Ignoravano la sola verità per cui valesse e vale la pena di lottare sempre e cioè che esiste una e una sola razza da difendere, quella umana, mentre è la  disumanità che va impedita e punita.
Uno dei campioni di disumanità fu Heinrich Himmler, piccolo, minuto, all’apparenza innocuo fu, invece, uno dei massimi responsabili delle atrocità del regime. In qualità di Reichsfuehrer delle SS, fu l’ideatore di uno dei campi di sterminio più famigerato: Dachau, aperto nel marzo 1933. Questo  campo servì da modello per tutti gli altri campi di concentramento, lavoro forzato e sterminio. Nel campo transitarono circa duecentomila persone e quasi cinquantamila vi persero la vita dopo aver percorso la Lagerstrasse e oltrepassato la “porta dell’inferno” fino al cancello, in ferro battuto, con sopra inciso “Arbeit macht frei”, cinico slogan  divenuto famoso e che si replicò in tutti gli altri campi di sterminio che di lì a poco il Nazismo avrebbe inaugurato e utilizzato senza sosta. Dachau fu liberato il 29 aprile 1945, il giorno prima del suicidio di Adolf Hitler.
I Gerarchi Nazisti sperimentarono l’ebbrezza del potere e ne rimasero così perversamente sedotti da praticare senza scrupoli, con incredibile e sconcertante disinvoltura un’orribile operazione di plagio sulle coscienze di decine di milioni di tedeschi fino a portarli all’auto-distruzione.
E’ sconcertante che nessun gerarca nazista abbia mostrato segno di pentimento.
Cito dal Libro di Antonio Leggiero  alcune emblematiche parole di Rudolf Hesse a Norimberga:” Non mi difendo contro accusatori ai quali nego il diritto di accusarmi [….]Non mi difendo contro colpe che interessano gli affari interni della Germania […] Considero i rimproveri dell’avversario come un titolo d’onore [….]Se dovessi ricominciare, agirei nello stesso modo: anche sapendo che alla fine della mia vita mi aspetta il rogo.
In effetti, alla fine, scesero nel nero abisso del male da cui erano venuti!

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