CON LA RUSSIA NELL’UNIONE EUROPEA NIENTE PIU’ GUERRE
IL SOGNO DI UN SINCERO ATLANTISTA E FORTE EUROPEISTA
Questo articolo di Franco Torchia è stato pubblicato in data 18 febbraio 2022 sul quotidiano on line “L’opinione delle Libertà”
Premessa
Ai confini dell’Ucraina continuano i venti di guerra e con maggiore e inaudita violenza anche quelli della disinformazione tra Washington e Mosca. Qualcuno sembra alla ricerca di un incidente che dia ragione ad uno dei protagonisti soprattutto quando le tensioni sembravano essersi allentate dopo il duplice annuncio dei giorni scorsi di Vladimir Putin di un ritiro parziale delle truppe sovietiche e della fine delle manovre militari sul Mar Nero con la partenza di alcune delle sue forze dalla Crimea. È chiaro che Putin ha ottenuto ciò che aveva preventivato, ovvero l’allontanamento dell’adesione dell’Ucraina alla Nato, questione addirittura inserita da Kiev nella propria Costituzione proprio tre anni fa, sulla quale però la Nato aveva temporaneamente frenato, pur continuando a rafforzare militarmente quel Paese. Dopo l’annessione nel 2014 della Crimea da parte della Russia, le tensioni tra i due Paesi erano salite alle stelle e Mosca aveva sperato di riprendersi anche la parte orientale dell’Ucraina, in particolare le regioni di Doneck e Lugansk le quali, con il Protocollo di Minsk che aveva posto fine alla guerra interna, avevano ottenuto una maggiore autonomia da Kiev.
Tuttavia il Governo centrale di Kiev ha sempre disatteso quel protocollo provocando la continuazione del conflitto con i separatisti filorussi di quelle regioni e offrendo l’occasione alla Russia di ammassare le proprie truppe ai confini. Oltretutto nel frattempo il presidente ucraino, Volodymyr Zelenskyy, insistendo sulla richiesta alla Nato di accelerare l’adesione del suo Paese, ha ulteriormente deteriorato le sue relazioni con Putin il quale non ha risposto nemmeno alla richiesta di partecipazione ad una riunione del Consiglio Nato-Russia.
Un po’ di storia
Questo organismo è stato istituito nel 2002, in occasione di un vertice tenutosi a Pratica di Mare sotto l’egida del Governo Berlusconi, dopo un incontro memorabile tra George W. Bush e Vladimir Putin durante il quale, secondo notizie non ufficiali, il presidente russo aveva chiesto che il suo Paese entrasse nella Nato, con la prospettiva di diventare anche parte integrante della nuova politica europea. L’accordo era nato in un clima favorevole che si era creato tra Usa e Russia all’indomani dell’attacco dell’11 settembre 2001 alle Torri gemelle, in seguito al quale la Russia si era schierata apertamente con gli Stati Uniti contro il terrorismo internazionale, sottoscrivendo addirittura un accordo per concedere lo spazio aereo agli Usa per la campagna in Afghanistan. A dire il vero le due potenze avevano rasserenato i loro rapporti sin dalla caduta del muro di Berlino nel 1989 quando gli Stati Uniti hanno promesso a Michail Gorbaciov, l’autore della Perestrojka, che la Nato non si sarebbe allargata ulteriormente ed avrebbe mantenuto un carattere difensivo. Il processo di dissoluzione dell’ex unione sovietica ebbe una forte accelerazione nel 1990 con la guerra interna al Partito comunista. Boris Eltsin costituì la Federazione russa, fece arrestare Michail Gorbaciov e mise al bando lo stesso Partito comunista.
Nel 1993 un referendum approvò una nuova costituzione ed un sistema presidenziale. Sono stati anni molto duri per la Russia sia dal punto di vista economico che politico, durante i quali gli Stati Uniti hanno approfittato per allargare la Nato ai Paesi dell’Est con l’ingresso nel 1999 di Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca. Ricordiamo inoltre che, nello stesso anno l’Alleanza, senza un mandato delle Nazione Unite, è intervenuta nella ex Jugoslavia, dissolta dopo la morte di Tito, con la motivazione di difendere la vita di migliaia di innocenti ed evitare una catastrofe umanitaria in Kosovo. Ciò nonostante, l’ascesa al potere di Vladimir Putin nel 2000 ha stabilizzato le relazioni con gli Stati Uniti e la Russia dopo l’attentato dell’11 settembre 2001 ha addirittura accettato la creazione temporanea di basi militari americane in Asia centrale per la lotta al terrorismo, ha chiuso le basi a Cuba e ordinato il ritiro delle truppe russe dal Kosovo. E nell’ambito delle iniziative congiunte contro il terrorismo fu consentito a Mosca di partecipare ad azioni di pattugliamento del Mediterraneo insieme alla Nato.
Ma si trattava di una condizione temporanea perché gli Stati Uniti, forti della solidarietà internazionale, cominciarono ad assumere decisioni unilaterali che avrebbero riacceso le tensioni. Nel dicembre del 2001 il presidente Usa George W. Bush ha messo in dubbio gli accordi sul disarmo nucleare ponendo fine al trattato anti missili balistici (Abm) sottoscritto con l’Unione sovietica di Leoníd Breznev nel lontano 1972. Nel marzo 2003 l’invasione dell’Iraq, senza l’approvazione dell’ONU, ha diviso l’Unione europea con Francia e Germania che hanno condannato l’azione, trovandosi sulla stessa posizione di Russia e Cina. Le cosiddette rivoluzioni colorate, quella rosa della Georgia nel 2003 e quella arancione dell’Ucraina nel 2004 furono viste da Mosca come provocazioni americane con l’obiettivo di insediare nei due Paesi governi filooccidentali. Le tensioni si sono accentuate nel 2004 con l’adesione all’Alleanza Atlantica di Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia. Mosca non riusciva, e forse nemmeno voleva, più ad imporre la logica imperiale che aveva caratterizzato il periodo della guerra fredda e si trovava davanti all’obbligo di scegliere la sua collocazione rispetto all’Unione europea di confronto e mediazione con i Paesi europei dell’Est che avrebbe potuto rappresentare l’unica possibilità di sicurezza interna ed internazionale, mentre è prevalsa la logica della competizione.
Il ruolo dell’Unione europea
La stessa Unione europea ha perso molte occasioni per essere protagonista di una maggiore integrazione economica e politica di questi Paesi compresa la stessa Russia. Il crollo del muro di Berlino nel 1989 e la liquidazione dell’impero sovietico nel 1991 hanno rappresentato per l’Unione europea una grande occasione per posizionarsi al centro della politica mondiale offrendo a tutti i Paesi dell’ex Patto di Varsavia una vera unità politica e la garanzia di stabilità e pace per il futuro di tutto il continente. Era necessario avere una grande visione dell’Europa ma in quel momento i leader europei si sono dimostrati incapaci di realizzare un’azione politica a favore di un equilibrio politico e strategico condiviso. Con la scomparsa del Patto di Varsavia era venuta meno la minaccia sovietica e l’Unione europea avrebbe dovuto avere più coraggio nell’accelerazione dell’integrazione politica ed economica delle giovani democrazie dell’Est che manifestavano aspirazioni europeiste e realizzare una propria politica di difesa chiedendo lo scioglimento della Nato o comunque frenandone l’espansionismo sul proprio territorio. Ci si è limitati invece a favorire il processo aggregativo in più fasi e quasi sempre a rimorchio delle azioni di allargamento della Nato.
È stato l’errore più grande della politica europea e ritengo anche di quella americana, perché dopo la fine della guerra fredda non aveva più senso implementare ulteriormente uno strumento offensivo in Europa. L’espansione della Nato ad Est e la contemporanea creazione di basi militari negli Stati aderenti, hanno convinto Mosca della volontà Usa di allargarsi a danno degli interessi russi e quindi era vista ormai in chiave offensiva e percepita come una vera e propria minaccia. L’aspirazione della Georgia di entrare nella Nato ha provocato la violenta reazione di Mosca che nel 2008 con il pretesto di accorrere in aiuto dei suoi cittadini abitanti in alcune regioni filorusse che chiedevano l’indipendenza, occupò militarmente il Paese che fu praticamente smembrato. Stesso copione avvenne con l’Ucraina, considerata da sempre la frontiera naturale, quando nel 2014 la Russia occupò militarmente la Crimea, annettendola successivamente. Putin ha capito che l’Unione europea non è in grado di sviluppare una propria ed autonoma politica estera e di difesa, al contrario agendo a difesa dei cosiddetti interessi occidentali ha utilizzato qualsiasi occasione utile per sanzionare ed isolare la Russia senza tener conto che ciò avrebbe rafforzato sicuramente la posizione degli Stati Uniti ed indebolito il proprio ruolo nella politica globale.
Non trovando un interlocutore credibile nell’Unione europea, la Russia negli ultimi anni ha lavorato per consolidare il ruolo di grande Paese, utilizzando tutti gli strumenti a sua disposizione, comprese le esportazioni di combustibili fossili dalle quali dipendono oltre metà degli Stati europei, stringendo alleanze strategiche nel Mediterraneo e ultimamente anche con la Cina, con la speranza di poter rinnovare il dialogo con gli Stati Uniti su questioni strategiche. Le passerelle di questi giorni a Mosca dei leader europei finalizzate a fermare una eventuale invasione dell’Ucraina, secondo me mai voluta effettivamente da Putin, sono servite soltanto a quest’ultimo per rimettersi al centro dell’interlocuzione mondiale nel duro confronto con gli Stati Uniti. I leader europei anche questa volta hanno agito in maniera scoordinata tra di loro, perché ognuno utilizza il palcoscenico internazionale esclusivamente a fini di politica interna, ricordiamo che in Francia si vota a maggio.
La Commissione europea con la presidenza di Ursula von der Leyen e lo stesso Parlamento europeo da due anni sono alle prese con la pandemia e si occupano pochissimo di politica estera e delle tensioni di questi ultimi mesi. Come possiamo pensare quindi che l’Unione europea possa giocare un ruolo importante nello scacchiere internazionale? Sicuramente dalla sua nascita essa ha contribuito notevolmente a frenare eventuali iniziative belliche sul suolo europeo, ma fino a quando la Russia è considerata avversaria e non amica questo pericolo non può essere definitamente scongiurato. È necessario che l’Europa riscopra lo spirito di Pratica di Mare e gli Usa e Russia quello della cooperazione post 2001 ed individuare tutti i punti di incontro anche quando questi non si vedono. La Russia deve ritrovare e valorizzare la propria anima europea secondo lo spirito della Perestrojka che vedeva nell’Europa il futuro della Russia, tenendo conto appunto che gran parte dei cittadini russi si sentono già europei.
Vladimir Putin, al quale certamente non manca il coraggio, deve dismettere i panni dell’oligarca ed assumere quelli di un leader democratico, cessare la sua strategia imperialista e trasformare il suo Paese in una grande democrazia, convocare una Assemblea Costituente per la redazione di una nuova Costituzione che fissi i principi fondamentali dei cittadini e le loro libertà. Si avverrebbe il sogno di Gorbaciov che aspirava a portare la Russia in Europa e nel mondo non si parlerebbe più di atlantismo ma di europeismo.
(*) Segretario nazionale Repubblicani