LE PRESSIONI RUSSE SULL’UCRAINA
Riportiamo di seguito l’articolo di Franco Torchia sulle tensioni tra la Russia e lìUcraina, pubblicato sul quotidino on line www.Giornalediplomatico.it
RUSSIA : LA CAMPAGNA D’INVERNO DI PUTIN
26-11-2021 16:32 – Opinioni
Vladimir Putin
GD – Roma, 26 nov. 21 – La situazione incandescente alle frontiere tra la Bielorussia e la Polonia per la crisi migratoria delle ultime settimane ha riacceso la tensione anche al confine tra la Russia e l’Ucraina, con serie preoccupazioni da parte dell’Europa e della Nato che continuano a chiedere la massima trasparenza alla federazione Russa.
Nonostante le continue smentite del Cremlino, si teme infatti che la Russia possa trasferire i migranti dal confine bielorusso a quello ucraino per continuare nelle sue azioni di destabilizzazione della situazione interna di quel Paese sia con azioni militari sia con azioni diplomatiche tese a riaffermare la tesi della violazione da parte dell’Ucraina degli accordi di Minsk.
L’Europa è preoccupata per un’eventuale escalation delle tensioni, anche perché quella che al Nord sembrava inizialmente una semplice questione di migranti, dopo le esercitazioni militari anche a ridosso del confine polacco dove si sono registrati un lancio di paracadutisti e la presenza di bombardieri strategici, annunciati tra l’altro anche dallo stesso ministero della Difesa russo, oggi appare sempre più una questione strategica di ampia portata.
Gli analisti ritengono, infatti, che Putin stia agendo su due fronti per circondare l’Ucraina anche dal Nord e con un nuovo dispiegamento di truppe al Sud.
È la stessa riflessione che ha portato, nei giorni scorsi, un grande esperto di politica internazionale come Maurizio Molinari, direttore de “la Repubblica”, a scrivere un significativo editoriale, provocando la risentita e risposta polemica della portavoce del ministero degli Affari Esteri della Russia, Maria Zakharova, la quale ha accusato il direttore del quotidiano italiano di sproloquio e di essersi “assunto in prima persona la responsabilità di questa vergognosa missione”.
Ovviamente la risposta a Molinari non ha allontanato per nulla i timori dell’Europa di un’azione militare russa contro l’Ucraina, anche perché le prime pagine dei quotidiani più importanti di Kiev continuano a riportare le notizie sul movimento delle truppe di Putin al confine, oltre al fatto che dopo le esercitazioni di questa primavera e di settembre alla base sono rientrati soltanto i militari, mentre carri armati e artiglieria sono rimasti vicino al confine.
Le pressioni di Mosca su Kiev affinché non spinga ulteriormente per entrare nella NATO sono quindi evidenti, dimenticandosi però che su tale scelta l’Ucraina ha già da tempo posto l’imprimatur costituzionale ed è soltanto in attesa che l’Alleanza Atlantica si decida ad accoglierla.
Il primo ministro ucraino Denys Smihal sta cercando ultimamente di rilasciare dichiarazioni tranquillizzanti del tipo “la situazione al confine è tesa, ma non vediamo alcun segno di offensiva” e cerca di evitare qualsiasi tipo di provocazione, soprattutto dopo la posizione assunta dal ministro degli Esteri russo Sergej Viktorovic Lavrov, secondo il quale “la parte russa non chiuderà gli occhi sui tentativi di incoraggiare sentimenti militaristi in Ucraina, che includono l’organizzazione di una sorta di missioni militari di addestramento per i cittadini del Paese”.
Ma c’è anche il premier polacco Mateusz Morawiecki a spiegare come la pressione migratoria ai confini della Polonia serva soltanto a distogliere l’attenzione dal vero e inquietante problema che è quello di destabilizzare l’Ucraina dal punto di vista politico, creando tensioni interne per giustificare un successivo eventuale intervento militare volto al ripristino della legalità e al ritorno alla situazione costituzionale preesistente alla rivoluzione del 2014, definita dal Cremlino colpo di Stato, magari con qualche fidato generale di Putin al comando.
Il presidente russo sa bene che un’invasione sic et simpliciter dell’Ucraina non sarebbe assolutamente tollerata e rischierebbe di far deflagrare la situazione.
Anche la stessa minaccia del presidente Bielorusso Alexander Lukashenko di interrompere le forniture del gas e le successive smentite del Cremlino vengono considerate in Europa come un gioco delle parti per distrarre dal vero obiettivo.
Il rialzo dei prezzi dell’energia e l’avvicinarsi del generale inverno hanno favorito questo gioco, soprattutto per la posizione molto forte della Russia dal punto di vista energetico, essendo essa uno dei maggiori produttori al mondo di gas e petrolio e, quindi, anche uno dei più grossi esportatori di gas verso l’Europa.
La sua influenza crescerà con l’entrata in funzione prevista entro la fine dell’anno del gasdotto Nord Stream 2 e, di conseguenza, aumenterà notevolmente la dipendenza energetica dell’Europa dal gas russo.
Ciò ha consentito a Putin di fare la voce grossa e di non presentarsi al G20 del 30 ottobre a Roma, né alla successiva Cop 26 di Glasgow, ufficialmente a “causa della situazione pandemica”, in realtà per evitare che il leader russo fosse costretto a rispondere alle domande insidiose dei giornalisti non soltanto sulla posizione sui cambiamenti climatici, ma sulla situazione politica e sui rapporti con l’Ucraina.
Putin ha bisogno di consolidare il suo status di imperatore d’Oriente con forte influenza in Occidente che, però, con la presidenza USA di Biden rischia di essere ridimensionato e per questo cerca di posizionare nello scacchiere diplomatico internazionale alcuni importanti tasselli.
Ad esempio, pur concordando con la dichiarazione finale della Conferenza di Parigi che ha fissato per il 24 dicembre la data per libere politiche sulla Libia, Mosca teme di perdere la sua influenza geopolitica nel Mediterraneo, come testimonia la richiesta degli USA e dell’ONU di ritirare i soldati mercenari russi e turchi che attualmente operano in quel Paese.
Non è un caso, infatti, che tra gli aspiranti candidati alle presidenziali francesi della prossima primavera sia spuntato un certo Eric Zemmur, di estrema destra, che i sondaggi danno già al 15%, proveniente proprio dall’Ucraina, che si oppone alle sanzioni contro la Russia ed è considerato un sostenitore di Putin.
Il “Trattato per una Cooperazione bilaterale rafforzata”, ossia il cosiddetto “Trattato del Quirinale” firmato proprio oggi al Quirinale tra il presidente del Consiglio Mario Draghi e il presidente francese Emmanuel Macron, con il quale Italia e Francia s’impegnano a rafforzare iniziative comuni in materia economica, di promozione dei diritti umani e delle libertà fondamentali e per una strategia europea per la “regione indo-pacifico”, farà sicuramente saltare sulla sedia Vladimir Putin il quale, di fronte a questa offensiva diplomatica, sicuramente non potrà far finta di nulla.
Nonostante le continue smentite del Cremlino, si teme infatti che la Russia possa trasferire i migranti dal confine bielorusso a quello ucraino per continuare nelle sue azioni di destabilizzazione della situazione interna di quel Paese sia con azioni militari sia con azioni diplomatiche tese a riaffermare la tesi della violazione da parte dell’Ucraina degli accordi di Minsk.
L’Europa è preoccupata per un’eventuale escalation delle tensioni, anche perché quella che al Nord sembrava inizialmente una semplice questione di migranti, dopo le esercitazioni militari anche a ridosso del confine polacco dove si sono registrati un lancio di paracadutisti e la presenza di bombardieri strategici, annunciati tra l’altro anche dallo stesso ministero della Difesa russo, oggi appare sempre più una questione strategica di ampia portata.
Gli analisti ritengono, infatti, che Putin stia agendo su due fronti per circondare l’Ucraina anche dal Nord e con un nuovo dispiegamento di truppe al Sud.
È la stessa riflessione che ha portato, nei giorni scorsi, un grande esperto di politica internazionale come Maurizio Molinari, direttore de “la Repubblica”, a scrivere un significativo editoriale, provocando la risentita e risposta polemica della portavoce del ministero degli Affari Esteri della Russia, Maria Zakharova, la quale ha accusato il direttore del quotidiano italiano di sproloquio e di essersi “assunto in prima persona la responsabilità di questa vergognosa missione”.
Ovviamente la risposta a Molinari non ha allontanato per nulla i timori dell’Europa di un’azione militare russa contro l’Ucraina, anche perché le prime pagine dei quotidiani più importanti di Kiev continuano a riportare le notizie sul movimento delle truppe di Putin al confine, oltre al fatto che dopo le esercitazioni di questa primavera e di settembre alla base sono rientrati soltanto i militari, mentre carri armati e artiglieria sono rimasti vicino al confine.
Le pressioni di Mosca su Kiev affinché non spinga ulteriormente per entrare nella NATO sono quindi evidenti, dimenticandosi però che su tale scelta l’Ucraina ha già da tempo posto l’imprimatur costituzionale ed è soltanto in attesa che l’Alleanza Atlantica si decida ad accoglierla.
Il primo ministro ucraino Denys Smihal sta cercando ultimamente di rilasciare dichiarazioni tranquillizzanti del tipo “la situazione al confine è tesa, ma non vediamo alcun segno di offensiva” e cerca di evitare qualsiasi tipo di provocazione, soprattutto dopo la posizione assunta dal ministro degli Esteri russo Sergej Viktorovic Lavrov, secondo il quale “la parte russa non chiuderà gli occhi sui tentativi di incoraggiare sentimenti militaristi in Ucraina, che includono l’organizzazione di una sorta di missioni militari di addestramento per i cittadini del Paese”.
Ma c’è anche il premier polacco Mateusz Morawiecki a spiegare come la pressione migratoria ai confini della Polonia serva soltanto a distogliere l’attenzione dal vero e inquietante problema che è quello di destabilizzare l’Ucraina dal punto di vista politico, creando tensioni interne per giustificare un successivo eventuale intervento militare volto al ripristino della legalità e al ritorno alla situazione costituzionale preesistente alla rivoluzione del 2014, definita dal Cremlino colpo di Stato, magari con qualche fidato generale di Putin al comando.
Il presidente russo sa bene che un’invasione sic et simpliciter dell’Ucraina non sarebbe assolutamente tollerata e rischierebbe di far deflagrare la situazione.
Anche la stessa minaccia del presidente Bielorusso Alexander Lukashenko di interrompere le forniture del gas e le successive smentite del Cremlino vengono considerate in Europa come un gioco delle parti per distrarre dal vero obiettivo.
Il rialzo dei prezzi dell’energia e l’avvicinarsi del generale inverno hanno favorito questo gioco, soprattutto per la posizione molto forte della Russia dal punto di vista energetico, essendo essa uno dei maggiori produttori al mondo di gas e petrolio e, quindi, anche uno dei più grossi esportatori di gas verso l’Europa.
La sua influenza crescerà con l’entrata in funzione prevista entro la fine dell’anno del gasdotto Nord Stream 2 e, di conseguenza, aumenterà notevolmente la dipendenza energetica dell’Europa dal gas russo.
Ciò ha consentito a Putin di fare la voce grossa e di non presentarsi al G20 del 30 ottobre a Roma, né alla successiva Cop 26 di Glasgow, ufficialmente a “causa della situazione pandemica”, in realtà per evitare che il leader russo fosse costretto a rispondere alle domande insidiose dei giornalisti non soltanto sulla posizione sui cambiamenti climatici, ma sulla situazione politica e sui rapporti con l’Ucraina.
Putin ha bisogno di consolidare il suo status di imperatore d’Oriente con forte influenza in Occidente che, però, con la presidenza USA di Biden rischia di essere ridimensionato e per questo cerca di posizionare nello scacchiere diplomatico internazionale alcuni importanti tasselli.
Ad esempio, pur concordando con la dichiarazione finale della Conferenza di Parigi che ha fissato per il 24 dicembre la data per libere politiche sulla Libia, Mosca teme di perdere la sua influenza geopolitica nel Mediterraneo, come testimonia la richiesta degli USA e dell’ONU di ritirare i soldati mercenari russi e turchi che attualmente operano in quel Paese.
Non è un caso, infatti, che tra gli aspiranti candidati alle presidenziali francesi della prossima primavera sia spuntato un certo Eric Zemmur, di estrema destra, che i sondaggi danno già al 15%, proveniente proprio dall’Ucraina, che si oppone alle sanzioni contro la Russia ed è considerato un sostenitore di Putin.
Il “Trattato per una Cooperazione bilaterale rafforzata”, ossia il cosiddetto “Trattato del Quirinale” firmato proprio oggi al Quirinale tra il presidente del Consiglio Mario Draghi e il presidente francese Emmanuel Macron, con il quale Italia e Francia s’impegnano a rafforzare iniziative comuni in materia economica, di promozione dei diritti umani e delle libertà fondamentali e per una strategia europea per la “regione indo-pacifico”, farà sicuramente saltare sulla sedia Vladimir Putin il quale, di fronte a questa offensiva diplomatica, sicuramente non potrà far finta di nulla.
Franco Torchia
Analista geopolitico