L’UNIONE EUROPEA VERSO SCELTE DIFFICILI

DECISIVO PER L’EUROPA IL SEMESTRE DELLA MERKEL

Il prossimo vertice dei capi di Stato e di Governo europei in programma il 17-18 luglio sarà il primo reale banco di prova di Angela Merkel, in qualità presidente di turno dell’Unione europea. È un appuntamento molto difficile perché dovrà sciogliere i nodi relativi al Recovery Fund e al piano finanziario pluriennale di cui esso è parte integrante. Sarà compito della cancelliera ammorbidire le posizioni dei Paesi cosiddetti “frugali” e dissipare i dubbi sulla reale capacità del nostro Paese di intraprendere la strada del rilancio approvando, nei fatti e non soltanto a parole, quelle riforme ritenute necessarie per evitare il default finanziario, a cominciare da un rallentamento del debito pubblico che a fine anno rischia di sfondare il muro del 160 per cento del Pil. I Paesi del Nord hanno espresso molta diffidenza nei confronti dell’Italia e nella capacità del governo di rilanciare gli investimenti produttivi, soprattutto dopo le dichiarazioni di qualche importante esponente della maggioranza di destinare le risorse europee alla riduzione delle tasse e all’ampliamento del reddito di emergenza. Questo accordo è propedeutico a tutti gli altri obiettivi che la Merkel si è posta. La cancelliera dovrà fare i conti con una Europa che durante la pandemia ha messo in evidenza tutte le sue debolezze e divisioni.

Ogni Paese ha affrontato la crisi sanitaria in modo diverso e diffidenze sono sorte tra i paesi confinanti al punto da dover sospendere il trattato di Schengen e addirittura si è additata l’Italia come la principale responsabile della diffusione del contagio in Europa e solo successivamente sono arrivate le scuse della presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen. La pandemia in pochi mesi ha cambiato il volto dell’Europa e soprattutto ha cambiato totalmente la prospettiva mondiale.

Alla fine dello scorso anno, le previsioni sulla crescita economica mondiale vedevano la Cina in fortissima espansione, con India e Brasile che confermavano le performances degli anni precedenti. La situazione sanitaria è ancora molto difficile negli Usa, in India e Brasile ed il quadro internazionale è completamente ribaltato con l’Ocse che prevede nel 2020 una flessione del Pil mondiale tra il 6 e l’8 per cento. Comunque vadano le cose il peso economico e l’influenza internazionale dell’Europa si sono ridimensionati, anche a causa della Brexit, a favore soprattutto di Cina e India con una prospettiva completamente diversa nella quale cambierebbe fisionomia anche il G8 con questi due Paesi che andrebbero a sostituire Francia e Italia. La Merkel è cosciente che anche la Germania corra lo stesso rischio e quindi la sua sfida non è più solo tedesca, è globale e “Nessuno si salva da solo”. La battaglia della competitività nel mercato mondiale non può essere solo tedesca o italiana, o sarà europea o non sarà nulla. Ecco perché, in questo momento, forse come non mai, il destino dell’Unione europea dipende dal successo della Merkel. La presidenza della Commissione europea nelle mani della tedesca Von der leyen, già ministro del suo governo, che dovrebbe rappresentare una condizione favorevole per la cancelliera, in realtà accresce il peso delle sue responsabilità. La Merkel per vincere la sua scommessa dovrà liberarsi dal sospetto di quanti hanno sempre guardato al pericolo della germanizzazione dell’Europa, dismettere quindi i panni della cancelliera ed iniziare veramente a parlare a nome di tutta l’Europa.

E come Unione europea dovrà affrontare i nodi spinosi derivanti dalla crisi della globalizzazione, dal nuovo quadro internazionale e soprattutto dalla guerra commerciale in atto tra Usa e Cina. Forse il compito più difficile è proprio la riconsiderazione dei rapporti internazionali con gli Usa di Donald Trump, che non ha mai digerito l’enorme surplus accumulato dalla Germania, con il quale non ha mai avuto un buon feeling. Le fibrillazioni con gli Stati Uniti riguardano anche la questione dei dazi Usa imposti ai prodotti europei e l’annuncio del graduale disimpegno Usa nella Nato in Europa. L’occasione però potrebbe essere ghiotta per definire una difesa comune europea, anche con riferimento al Mediterraneo che deve essere il mare europeo, in grado di affrontare in modo univoco i vari problemi che riguardano i rapporti con la Libia, con la Turchia e con l’Iran, ma soprattutto la questione dei migranti che finora è pesata maggiormente sul nostro Paese. Un altro fronte problematico rimane quello con la Cina nei confronti della quale, dopo l’esplosione della pandemia, è aumentata la diffidenza di quasi tutto il mondo. Sul tappeto ci sono alcune questioni di fondamentale importanza per il futuro dei rapporti commerciali con il colosso asiatico che in questi anni ha conquistato una fetta importante del mercato europeo con una bilancia commerciale assolutamente sfavorevole all’Europa in un rapporto tra importazioni ed esportazioni di 217 a 332 miliardi di euro (dati del 2017).

La Germania ha sempre avuto un rapporto privilegiato con la Cina e quindi, in qualche modo, la Merkel è potenzialmente favorita nel dialogo con il colosso asiatico. Il primo problema che bisognerà affrontare nell’incontro di Lipsia riguarda il ruolo dominante di Huawei nel 5G. Sarà veramente un percorso tutto in salita per la forte contrarietà degli Usa e per la recente decisione del Regno Unito di rinunciare alla multinazionale cinese di cui l’Europa non può non tener conto. Bisogna soprattutto evitare che la Cina faccia accordi con i singoli Paesi europei e ricercare una posizione unitaria, nella consapevolezza che le decisioni avranno conseguenze su tutte le altre questioni, dal Clima, alla Via della seta e a quella importantissima del rispetto dei diritti umani e di Hong Kong. Sono le sfide più importanti che attendono la Merkel e la stessa Europa.

La cancelliera dovrà essere capace di far fronte ai nazionalismi e di armonizzare i diversi interessi dei singoli Stati. Un suo fallimento potrebbe compromettere definitivamente il processo di integrazione europea. In questo percorso, l’Italia che è il Paese più esposto economicamente, dovrebbe con più coraggio e determinazione sostenere la presidenza Merkel. Ma non mi pare che le premesse vadano in quella direzione. Conte si presenta al Consiglio europeo con una risoluzione del Parlamento nella quale non si fa nessun cenno al Mes, quasi una sfida agli altri Paesi e alla stessa Merkel che, di fronte alla titubanza italiana, aveva quasi rimproverato il premier italiano perché “i soldi del Mes sono lì per essere utilizzati”.

La volontà, più volte esplicitata, del Governo italiano di decidere sulla eventuale utilizzazione del Mes, soltanto dopo l’accordo sul Recovey Fund non è certamente un buon segnale per un Paese che in questo momento avrebbe assolutamente bisogno di quei fondi. Le questioni ideologiche che frenano all’accesso a quelle risorse contraddicono le stesse parole di Conte che rimprovera i nazionalismi ed i sovranismi altrui mentre già nell’incontro di lunedì egli stesso ha rivendicato discrezionalità nella utilizzazione anche delle risorse del Recovery Fund, definendo “una follia” l’introduzione di condizionalità, mettendo quindi in difficoltà la Merkel. Sabato il Consiglio europeo ci chiederà giustamente di attuare quelle riforme che, nel nostro esclusivo interesse, avremmo dovuto realizzare da anni, necessarie per mettere in sicurezza i conti dello Stato e rilanciare l’economia. È interesse di tutta Europa avere una Italia forte e competitiva. La risposta italiana, al di là della scelta delle parole, non potrà quindi che essere confermativa.

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