L’ITALIA UTILIZZI IL MES
COME USCIRE DALLE SABBIE MOBILI
di Giuseppe Gambioli
Col Piano di 750 miliardi proposto dalla Commissione europea, l’Italia sarà il maggiore beneficiario con 81,8 miliardi a fondo perduto (trasferimenti) e 90,9 come prestiti ad un tasso molto vantaggioso. Questo cambio di rotta radicale dell’Ue ha acceso il dibattito su due livelli.
Uno sul piano internazionale con i Paesi “frugali” (Olanda, Austria, Danimarca e Svezia) che si oppongono al rischio di una mutualizzazione e chiedono solo forme di prestiti, nel rispetto delle regole di bilancio.
Il secondo livello di dibattito è invece tutto interno e riguarda il giudizio sulle proposte della Commissione europea e soprattutto sui nuovi strumenti che l’Italia dovrà mettere in campo per attuare quelle riforme strutturali richieste. Riforme che riguardano l’amministrazione pubblica, la giustizia civile, l’innovazione, la ricerca scientifica, il digitale, la green economy e ovviamente, dopo il Covid-19, anche una maggiore resilienza nel settore sanitario.
L’elenco delle riforme da attuare è lungo ma si dovrà intervenire urgentemente su quelle che maggiormente ingessano e avvelenano la nostra economia.
E mi riferisco al codice degli appalti che di fatto blocca qualsiasi lavoro e alla situazione assurda in cui devono operare gli amministratori pubblici.
Il controllo spropositato da parte della Corte dei Conti di contestare il danno erariale ha creato un clima di paura e nessuno osa mettere più la propria firma su un atto amministrativo, rimpallandolo ad altri enti fino a perdersi in una miriadi di lungaggini che hanno aumentato a dismisura la nostra burocrazia. Si verificano telenovele assurde che paralizzano la macchina statale come quella di un Sindaco di un piccolo Comune che ha dovuto giustificarsi, perdendo mesi, con memorie scritte, testimoni e tanto di Revisore dei conti, per aver comprato una cartuccia dell’unica stampante comunale in un altro negozio, anche se la spesa era minore di quella prevista. E si potrebbero citare tanti altri casi assurdi ben più importanti.
Il rischio quindi di non essere capaci di spendere i fondi che avremo a disposizione è concreto, del resto non è una novità avendoli rimandati indietro altre volte.
La grande scommessa è di cambiare passo, progettare interventi a lunga scadenza che favoriscano la crescita e possano disinnescare la minaccia del nostro debito pubblico, tale da renderlo sostenibile e ridurlo come giustamente ci viene chiesto. Al momento siamo la Cenerentola del Pil, il debito aumenta da decenni e non riusciamo a coprire gli interessi.
Un cambio di passo dovrà farlo anche la politica, in particolare quei partiti che un giorno si e l’altro pure criticano le scelte dell’Ue, dimenticandosi che in questi mesi di crisi se la Bce non comprava centinaia di miliardi di debito pubblico gli interessi sarebbero saliti paurosamente. Oppure ci si dimentica che la Commissione ha sospeso le regole di bilancio e ha proposto per la sanità il Mes senza condizionalità, di cui 37 miliardi andrebbero a noi ad un tasso irrisorio facendoci risparmiare 7 miliardi in 10 anni.
È giunto il momento che la classe politica, le associazioni di categoria, il mondo imprenditoriale mettano da parte la demagogia e propongano interventi e soluzioni concrete ad affrontare al meglio i nodi veri di cui sopra accennavo. Definire il Mes una trappola architettata da Germania e Francia è demagogia e non si va da nessuna parte. Come non si va da nessuna parte se si avanzano proposte alternative senza fondamento come l’ultima della Meloni che pensa di chiedere un prestito al Fmi (Fondo monetario internazionale) trattando direttamente con Trump. Questa strada oltre ad essere irrealizzabile per la natura del Fmi è ancora una volta contro l’Ue, per non sottostare a Francia e Germania, come dice la Meloni.
Più volte si è cercato di correggere e sburocratizzare questo Paese, di riformare la giustizia, di migliorare il settore scolastico e scientifico, ecc. Abbiamo accumulato ritardi e ora, dopo una crisi economica e pandemica senza precedenti, possiamo ripartire con spirito diverso, con una Ue più solidale e più forte.
Mi auguro che le indicazioni e le forme di condizionalità che accompagneranno i finanziamenti siano da stimolo per una vera riforma strutturale e non da pretesto di misere strumentalizzazioni.
Condizionalità che dovremo considerare come un aiuto ai tanti tentativi falliti da parte di tutti gli schieramenti dimostrando che la classe politica non è in grado autonomamente di correggersi senza essere costretta da forze esterne. Angelo Panebianco ieri sul Corriere della Sera, parlando della mancata riforma della scuola, incolpa la classe politica incapace di visioni a lunga scadenza che non investe sul capitale umano e che si trova nelle stesse condizioni del barone Munchhausen che pensava di sfuggire dalle sabbie tirandosi fuori per i propri capelli.